12 km circa
Percorrenza: 5.30 ore comprensive di un’abbondante sosta
Dislivello: 350 metri in salita, 1250 metri in discesa
Con la terza tappa chiudiamo la nostra ricongnizione del Giro di Viso, sperando di avervi invogliato a godere della bellezza e dell’ospitalità di questi luoghi avventurandovi ai piedi del “gigante di pietra”. Quest’ultima frazione, pur abbastanza lunga, presenta solamente una dura salita nella fase iniziale, che può essere resa particolarmente ostica dalla fatica accumulata nelle gambe nel giorno precedente. Una volta superata questa asperità il percorso diventa di tutto riposo, con una discesa mai troppo ripida e su morbido fondo terroso nell’ampio vallone di Vallanta. L’ideale quindi per terminare il giro con un buon ricordo e il sorriso sulle labbra. Ma cominciamo con la descrizione.
Dal refuge Viso si punta a sud/sud-est, verso la cornice di monti che segna il confine tra Italia e Francia oltre la quale spunta una parte della parete occidentale del Monviso (ci sono comunque dei segnali che indicano la strada per il Giacoletti, attraverso una deviazione successiva, e per il rifugio Vallanta). Si percorre un piacevole sentiero con leggeri saliscendi, l’ampia spianata erbosa in cui è collocato il rifugio è solcata da numerosi rigagnoli che ci conducono ad uno specchio d’acqua, il Lac Lestio, dove accerchiata da monti ha inizio la valle del Guil. La strada da percorrere a questo punto si indirizza sulla destra: affrontando lo sperone roccioso di fronte a noi attraverseremo la catena di monti nel punto in cui il passaggio è più basso e accessibile, il Passo di Vallanta.

Si risale la valle del Guil per superare il Passo di Vallanta e tornare ai piedi del Monviso, che svetta all’orizzonte
Siamo accompagnati dai classici segni bianco-rossi che, avvicinandosi al confine italiano, tornano a fare la loro presenza. La prima della salita, pur ripida, è agevolata da alcuni tornanti e da un terreno più morbido. Salendo ancora di qualche metro il percorso diventerà una vera e propria pietraia, con qualche passaggio particolarmente aspro dove occorre mantenere l’equilibro e fare appoggio con le mani. Nessun tratto esposto nè pericoloso, ad ogni modo, ed i segni del CAI aiutano a districarsi tra i massi.
In questo versante, spesso in ombra, noi abbiamo trovato in pieno Luglio alcuni nevai di discrete dimensioni, da attraversare in senso trasversale. La neve era piuttosto compatta, quindi è sufficiente prestare una particolare attenzione al suolo scivoloso, spostando il proprio baricentro per mantenere l’equilibrio, e se possibile seguire le impronte di chi è passato precedentemente. In questo punto la salita è meno ripida ma non è facile seguire la strada nella fitta pietraia; i segni bianco-rossi indicano più alternative di passaggio ma a volte, in base alla situazione del momento, è possibile scegliere traiettorie diverse.
Si scollina ai 2815 metri del Passo di Vallanta e mantenendosi sulla strada principale, che piega lievemente a destra, si inizia la discesa. Il fronte occidentale del Monviso è molto vicino, con il cosiddetto Viso di Vallanta che gli sta davanti. In basso il lago della Bealera Founsa e sulle sue sponde il rifugio Vallanta, molto grande e dall’inconsueta forma. Volendo si può scegliere un sentiero che stacca decisamente a destra e percorrendo il crinale di fronte al Monviso raggiunge la cima della Losetta, situata a 3050 metri slm, un punto panoramico di grande fascino. La deviazione prevede un’ulteriore salita di 350 metri e poi si ricollega più avanti alla strada che scende fino a Pontechianale. Noi tuttavia non l’abbiamo percorsa e abbiamo invece puntato dritti verso il rifugio. La prima parte della discesa taglia il monte a mezza costa e presenta alcuni tornanti leggermente ripidi. Il terreno però è molto più confortevole della pietraia precedente, come si può intuire dal panorama, molto differente e decisamente più fertile ed erboso sul versante italiano.
Dopo una meritata sosta presso il rifugio Vallanta, dopo circa 2 ore e mezza dalla partenza, si riparte. Salutiamo il Monviso con la sua imponente parete: addentrandoci nel vallone tra poco non lo vedremo più. Il sentiero è decisamente ampio, e degrada dolcemente tanto che quasi non ci si accorge del forte dislivello esistente tra i 2450 metri slm del rifugio e i circa 1600 di Pontechianale. Una deviazione sulla destra si ricollega al segmento per la Losetta e permette di proseguire fino a Chianale, l’ultimo paese italiano sulla strada per la Francia (uno tra i borghi più belli d’Italia, merita una visita se siete in zona). Noi ci manteniamo sul sentiero principale e, tra un pascolo e l’altro, restiamo affiancati al fiume fino a ritrovare il limite della vegetazione e rientrare nell’ombra del bosco di pini cembri già visto nella prima tappa. Oltre ai pascoli troviamo alcune case in pietra, alcune utilizzate dai pastori ed altre abbandonate, segno evidente che dopo due giorni nella natura stiamo tornando in contatto con la civilità. Si attraversa il fiume due volte, con dei ponticelli, infine si raggiunge in senso opposto il primo bivio incontrato nella prima tappa, a circa 1900 metri di altitudine. Ovviamente non prendiamo la passerella sul fiume che ci aveva fatto salire addentrandoci nel bosco dell’Allevè ma proseguiamo dritti, in una discesa adesso un pochino più ripida che, in poche decine di minuti, ci fa ripercorrere i primi passi della tappa iniziale e ci riconduce alla frazione Castello di Pontechianale dopo 3 giorni di cammino ed oltre 30 chilometri tra alcuni degli ambienti più affascinanti che l’uomo possa ammirare; il sapore di un’esperienza eccezionale è quello della fatica e dell’impegno costati per raggiungerli, condizione necessaria a parer nostro per viaggiare nel vero senso della parola, vivendo i luoghi col rispetto che meritano anziché limitarsi a “vederli” e, in certi casi, usarli.
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